Fuga dei cervelli: numeri, dati, costi e perché
La fuga dei cervelli dall’Italia è diventata un fenomeno di proporzioni enormi. Sempre più giovani sono costretti ad emigrare all’estero per le motivazioni più disparate e chi non è costretto, non vede l’ora di imballare i bagagli per proteggerli per un lungo viaggio e partire, seguendo il trend. Tali dati risultano preoccupanti ed incidono in misura notevole sull’economia nostrana, martoriata da una crisi che ormai va avanti da diversi anni.
Un’evasione che non sembra avere fine
In base a quanto riscontrato dall’ultimo rapporto Istat, risalente al 14 dicembre 2018, l’Italia è ormai contraddistinta da una serie pressoché infinita di cervelli in fuga. La maggior parte dei giovani decide, dopo la laurea, di andarsene all’estero al fine di vedere valorizzate le proprie potenzialità. Al tempo stesso, più eccellenze vanno via, meno eccellenze scelgono di rimpolpare il panorama nazionale.
È molto difficile che un talento si senta attratto da un luogo che non sappia valorizzare le proprie eccellenze e le faccia scappare via senza troppi problemi. Il trend negativo appare davvero inarrestabile e non si intravede alcuna traccia di inversione di tendenza nel corso dei prossimi anni. L’Istat parla di 28 mila laureati che hanno deciso di cambiare paese soltanto nel 2017, con un incremento del 4% di tale parametro rispetto all’anno solare 2016. Numeri preoccupanti che sembrano crescere anno dopo anno, con la sostanziale mancanza di una via d’uscita.
Un calo notevole dei laureati stranieri e italiani
Come accennato in precedenza, la fuga dei laureati dall’Italia coincide con una netta diminuzione dell’arrivo di laureati dai paesi esteri. Nella nostra nazione, sono solo 500 mila i laureati stranieri, pari al 7% di quelli complessivi. Per fare un esempio, nel Regno Unito questo dato corrisponde al 17%, mentre la Francia si trova al 10% e la Germania all’11%. Tutto ciò avviene per un motivo molto semplice, ossia per una quantità ampiamente superiore di laureati complessivi nei paesi citati: più i laureati scelgono di cambiare paese, meno gli studenti decidono di laurearsi.
Il lavoro italiano non è in grado di assorbire una lunga serie di eccellenze provenienti dagli studi dell’obbligo, di conseguenza la gente non sente alcuna esigenza di dover conseguire la laurea ad ogni costo. In una società nella quale il titolo di studio incide in maniera notevole sulle probabilità di ottenere un buon posto di lavoro, riscontri del genere destano senz’altro tanta preoccupazione e appaiono irreversibili in vista delle prossime stagioni.
Un dato terribile lungo l’intero Stivale
Al tempo stesso, secondo quanto scaturito dal rapporto Bes, i dati negativi riguardano l’intero paese, senza alcuna regione esclusa. Qualche piccola controtendenza può essere rappresentata da Lombardia ed Emilia-Romagna, anche se in tali regioni i laureati sono cresciuti in seguito ad un sistema di mobilità interregionale ben radicato.
Nelle regioni del Sud Italia, la situazione è davvero terribile. In zone come la Calabria, la Basilicata e la Sicilia, circa 30 laureati su mille sono costretti ad evadere sia verso le altre regioni, sia ovviamente verso gli altri paesi europei e mondiali. Nel Mezzogiorno, viene riscontrata una fuga dei talenti che provoca soggezione. Un elemento di questo tipo può mettere a serio repentaglio il benessere e la relativa sostenibilità, con la prospettiva di rendere la situazione complessiva lavorativa sempre meno rosea.
Uno spreco di risorse delittuoso
Cos’altro c’è da dire sul triste fenomeno della fuga dei cervelli? Il problema parte già dall’alto. Nel nostro paese, solo un manager d’impresa su quattro è in possesso della tanto agognata laurea. Per fare un raffronto a livello internazionale, in Europa la possiede poco più di un manager su due. I ricercatori occupati sono sempre meno e le imprese non riescono ad andare avanti, essendo le eccellenze nazionali costrette ad emigrare verso altri lidi. Ciò porta ad uno spreco di risorse delittuoso, con il capitale umano che viene elargito agli altri paesi a cuor leggero e senza alcun tipo di cura poiché, oggi come oggi, l’Italia ha poche risorse energetiche, materie prime e capitali finanziari. Se anche il capitale umano continua seriamente a scarseggiare, riemergere dalle proprie ceneri sembra davvero un’utopia, un sogno irrealizzabile. Servono politiche che favoriscano l’istruzione e il lavoro per i giovani, anche se sotto questo aspetto si fa sempre troppo poco.